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lunedì 19 gennaio 2015

Cabo Verde parte 2

L'aereo inizia a scendere per l'atterraggio e da sopra vediamo un paesaggio desertico, molto desertico. Sorvoliamo il villaggio Francorosso, enorme, una vera e propria città e mentre viriamo dall'alto osserviamo il mare turchese e le spiagge bianche.
Atterriamo. Scesi a terra ci aspettiamo di essere investiti dal caldo invece ci dà il benvenuto il vento. Un elemento che ci accompagnerà per tutta la vacanza.
Ora è caldo e ci accarezza. Smorza l'alta temperatura dell'aria e ci coccola, fa quasi venire sonno. In altri momenti sarà impetuoso, delle volte ci rincoglionirà ma comunque sarà sempre presente e il sapientino del villaggio sottolineerà il fatto commentando:"E certo! Qui hanno origine gli Alisei".
In aeroporto la sensazione legata al vento è quella di un dolce ponentino che ti ammalia e rilassa. Il motto delle isole è No stress. Lo sapevo già da prima della partenza e ho deciso di farne il mio mantra.
L'aeroporto di Boa Vista è uno dei più simpatici mai visti, è tutto all'esterno con qualche tettoia per ripararsi dal sole. Ci sono le amache e le sdraio per riposarsi e forse prendere l'ultimo raggio di sole prima di ripartire. C'è un sistema di fontane e canali in maiolica purtroppo a secco. Dappertutto sono raffigurate le tartarughe, simbolo dell'isola.
Le pratiche burocratiche vengono svolte con no stress, le Pop giocano e si siedono per terra: ma sì, no stress. Da fuori l'aeroporto sembra un castello di sabbia.

 
Ci prelevano e ci portano al villaggio.
Nel pullmino sì che sentiamo caldo, con i nostri vestiti invernali, i finestrini chiusi e i sedili felpati. Attraversiamo il paesino di Sal Rei e l'impressione non è delle migliori, il ragazzo che ci accompagna ci indica la piazza principale, l'ospedale mai noi vediamo solo edifici un po' sgarrupati e parabole sui tetti. Arriviamo in pochi minuti al villaggio percorrendo strade che ci fanno sballonzolare sui sedili e ci dicono che quella è l'unica asfaltata dell'isola, per il resto ci sono piste nel deserto da percorrere con quad o pickup.
Arriviamo proprio il 31 dicembre, il primo giorno lo passiamo a perlustrare il villaggio, per fortuna molto piccolo e a dimensione umana. A mezzanotte proprio non riusciamo ad arrivare nè a quella locale, nè a quella italiana (2 ore prima). Ci addormentiamo stanchi del viaggio sentendo solo in lontananza echi di festeggiamenti.

Ed ora procederò, non a fare un resoconto minuzioso di ogni giorno di vacanza come fanno quelli precisi e bravi, ma mi dedicherò a sensazioni sparse alla rinfusa.

Ho amato i colori: il turchese del mare, il bianco della sabbia e il rosso delle rocce. I contrasti da far quasi male agli occhi. La terra arida, sembrava di stare su Marte, ammesso che io ci sia mai stata davvero.
Il mare impetuoso, le onde alte, grandi da far paura a noi abituati al Mediterraneo che in fondo in confronto all'Oceano è poco più che una pozzanghera.
Un mare ricco di vita, bastava entrare un momento nell'acqua per vedere pesci di tutti i tipi, coralli, conchiglie di colori e forme per noi inusuali.
Siamo riusciti a vedere pure le tartarughe anche se non era stagione ma puntuali alle 20.45 venivano sotto il pontile del villaggio attirati dalle luci e dai pesci che stavano lì intorno.
Posso assicurare che vedere una tartaruga in natura è una delle esperienze più soprannaturali al mondo. Ogni sera dopo cena invece di vedere Peppa Pig come facciamo in Italia, andavamo sul pontile a cercarle e puntualmente ne vedevamo un paio ed era un appuntamento meraviglioso!
Il villaggio era composto da costruzioni in pietra molto carine, erano disposte ad anfiteatro lungo il rilievo su cui era poggiato. Noi eravamo nella stanza più in alto di tutte, godevamo di una vista eccezionale ma allo stesso tempo per raggiungerla dal mare, dal ristorante, dalla reception insomma da qualsiasi punto, dovevamo farci una scarpinata in salita di un quarto d'ora e poi affrontare pure una scalinata. Perciò uscivamo la mattina e rientravamo solo prima di cena per cambiarci e riuscire subito dopo.
Un altro problema dell'essere in alto è che in alcuni orari c'era poca acqua per non dire che mancava del tutto. Ci siamo lamentati con la reception più volte e secondo la consueta filosofia no stress ci siamo sentiti rispondere che il problema era che todo el mundo si faceva la doccia alla stessa ora. Alla fine non hanno mai risolto la questione come promesso però, complice il tempo non ottimo, siamo riusciti lo stesso a lavarci bene o male. Un altro inconveniente è stata la mancanza del phon, ce ne avevano dato uno ma la presa non funzionava. Per i giorni successivi l'abbiamo chiesto prima ad un vicino di camera poi ad un altro. L'ultimo giorno finalmente dalla reception hanno provveduto e sono andati finalmente a comprarlo in paese! no stress

I capoverdiani sono gentili ma mai invadenti. Ovvio che il turista rappresenta una grande risorsa economica ma loro non sono mia inopportuni, non assillano per proporre dei commerci. Anzi ne ho visti tanti passare ore e ore, anzi giornate seduti o sdraiati. Quando passavamo lì ci salutavano, ci chiedevano di dove eravamo, volevano scambiare quattro chiacchiere, quando stavamo andando via, con noncuranza ci chiedevano se volevamo dare un'occhiata a quello che offrivano. Senza ripeterlo o essere insistenti.
Ho ammirato questo modo di fare, questa attesa contemplativa, riflessiva, far parte dell'ambiente essere un tutt'uno con esso. Su questa postazione c'era un tizio ogni tanto, forse solo quando ne aveva voglia che lavorava dei panetti di gesso per farne delle statuine a forma di tartaruga. Io l'ho eletta mia postazione di lavoro preferita!

Desideravo che le Pop si relazionassero con la gente del posto, il villaggio era per metà formato da personale italiano per metà da locali, così sono diventate amiche di tutti gli animatori, camerieri ecc. Alice soprattutto in questa vacanza si è lanciata diventando molto indipendente. Ha voluto dal secondo giorno mangiare per conto proprio con altri bambini e una volta si è messa a suonare le percussioni con un gruppo di senegalesi in una serata di musica e balli tribali.
Un giorno siamo andati a fare un'escursione in paese. Ho visto finalmente mamme portare i bambini sulla schiena come ho fatto io con le Pop. Siamo stati in un parco giochi dovrei avrei voluto che interagissero con i bimbi del luogo. Ce n'erano tanti a giocare scalzi. Dopo averne visti un paio fare pipì in un contenitore e poi giocarci con la terra, i miei entusiasmi iniziali si sono un po' spenti. Alla fine sono entrati in contatto quando è arrivata ad Alice una pallonata in testa ma le hanno chiesto scusa in italiano e inglese e poi spostandosi per far sì che non si ripetesse l'inconveniente.

Mi divertivo a cogliere dettagli di decorazioni natalizie così anacronistici con 30 e passa gradi di temperatura quasi come per dire: non è nella nostra cultura ma comunque ci proviamo!

 
 



Abbiamo conosciuto quasi tutto il villaggio, composto per la maggior parte da Italiani, dietro ognuno ho immaginato una storia, una vita. Ho osservato in silenzio la principessa triste e ho detestato la romana caciarona in cerca della cucina fusion e del posto fighissimo carinissimo chicchissimo immaginando di darle una randellata in testa ad ogni abuso di superlativo.

L'immagine che porterò sempre nel cuore sono le Pop che corrono sul pontile, vento in faccia, braccia aperte e cantare a squarciagola "Let it goooooooooo"

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